Carla Maria Russo

Nuove armi e loro effetti nella storia dei popoli

Blog Carla Maria Russo

Nella storia dell’umanità, le innovazioni tecnologiche nel campo delle armi hanno sempre prodotto conseguenze molto importanti sia sull’assetto sociale sia sulla struttura politica dei paesi. Tra gli esempi che è possibile esaminare, ne tratterò due, che mi sembrano particolarmente significativi.

Il primo è la diffusione della staffa, inventata in India nel II secolo d.C. ma introdotta in Europa solo nel corso del V-VI, da alcune popolazioni barbare – probabilmente gli Avari – che invasero il nostro continente. (I Romani, per intenderci, non conoscevano la staffa)

Perché un’innovazione tecnologica all’apparenza così modesta determina conseguenze sociali e politiche molto rilevanti? 

Perché la staffa garantisce a chi cavalca un equilibrio e una stabilità sulla sella molto più saldi e sicuri rispetto al passato e dunque consente di sviluppare in battaglia un potenziale d’urto enormemente maggiore, giacché, alle dimensioni e alla potenza fisica assicurata dal cavallo, si aggiunge l’opportunità per il cavaliere di combattere con la spada o di sferrare una lancia riducendo e quasi annullando il rischio di essere sbalzato dalla sella. Ne deriva che, nel corso di una battaglia, l’attacco sferrato da uno squadrone a cavallo contro un reparto di fanteria diventerà molto più devastante, rendendo in breve la cavalleria la compagine più importante e necessaria di un esercito.

Ma anche sul piano sociale si producono cambiamenti significativi, dal momento che i cavalieri, ovvero coloro che hanno la disponibilità economica per acquistare cavallo e armatura, diventeranno sempre più indispensabili e ricercati, acquisendo in questo modo un’importanza sociale che aumenterà nel corso dei secoli.

Moltissimi figli cadetti della nobiltà, quelli che, per non essere i primogeniti, non ereditavano il feudo ma spesso erano in grado di affrontare le spese di equipaggiamento (il cavallo e l’armatura) trovarono un ottimo sbocco sociale nel mestiere di cavalieri, conquistando a volte, grazie ai loro meriti, fama e magari un titolo nobiliare, come ci testimonia anche la ricca letteratura medievale sull’argomento. Allo stesso modo, la nobiltà feudale, dalla quale provengono in massima parte i cavalieri, acquisirà nei confronti del potere centrale una capacità contrattuale e di ricatto talmente forte da determinare, come dimostra ad esempio la storia inglese o quella dell’impero germanico, una situazione di perenne anarchia e di continue rivolte da parte di famiglie nobiliari contro la figura del sovrano, per lucrare vantaggi, rivendicare diritti o scalzarlo dal potere. 

Ma la vera e ancora più profonda rivoluzione tecnologica nell’ambito militare, destinata a produrre conseguenze immani sulla storia europea e italiana, è quella che si attua nel corso dei secoli XIV e XV, con l’utilizzazione in campo militare della polvere da sparo e dunque con la nascita e lo sviluppo dell’artiglieria.

Pare che il nome artiglieria derivi dal latino ars telorum, ovvero l’arte di lanciare i dardi (telum, in latino) la quale si trasformò, nel corso del tardo medioevo, nell’arte di lanciare i proiettili (prima di pietra, poi di metallo) utilizzando come propulsore il gas prodotto dall’esplosione della polvere da sparo.

Il lancio di un proiettile tramite polvere da sparo presentava esigenze e finalità che, come per il lancio di frecce, erano essenzialmente di due tipi:

  1. un tiro diretto, ovvero ad alzo (ovvero un angolo di lancio) intorno allo zero, molto veloce, per ottenere un impatto forte e violento contro l’obiettivo. Questo tipo di tiro poteva risultare molto utile per colpire le mura delle città o delle roccaforti nella parte inferiore, allo scopo di provocarne il crollo o almeno di aprire squarci attraverso i quali penetrare in città.
  2. Un lancio verso l’alto, con un alzo di parecchi gradi, che scavalchi l’ostacolo (ad esempio, le mura) e ricada quasi perpendicolarmente sull’obiettivo

Realizzare nella pratica questi due tipi di lancio utilizzando una forza meccanica pericolosa come la polvere da sparo non fu impresa né facile né rapida e provocò innanzitutto il sacrificio di moltissime vite umane proprio fra gli artiglieri impegnati a sperimentare il funzionamento di queste nuove armi, che spesso esplodevano loro in faccia durante le manovre. Inoltre, prima di riuscire a calibrare i lanci, furono necessari calcoli complicati che richiesero l’ausilio di numerose scienze, oltre a quella balistica, quali la fisica e la matematica, perché, con l’artiglieria, non era più l’uomo a regolare la forza e la direzione del lancio ma la polvere da sparo inserita in una bocca da fuoco e dunque, per prima cosa, era necessario stabilire quanta polvere usare per effettuare il lancio desiderato, tenendo conto, allo stesso tempo, anche di molte altre variabili, quali: le dimensioni, la forma e la resistenza della bocca da fuoco, il calibro del proiettile (ovvero il suo diametro) la velocità che si intendeva imprimergli, l’alzo del tiro (ovvero l’angolo di lancio) e via di questo passo. Calcoli complessi, che spiegano come mai lo sviluppo dell’artiglieria ha richiesto decenni di studi teorici e di sperimentazione pratica, insieme al sacrificio di molte vite. 

Nel corso dei decenni, vennero utilizzate una gran quantità di bocche da fuoco, quali bombarde, spingarde, falconetti, per citarne solo alcune. Alla fine però, due tipi si imposero su tutte le altre:

  1. Il cannone, dal fusto lungo e stretto, per effettuare lanci diretti, di grande velocità, impatto e potenza, il cui scopo era abbattere le mura o aprire varchi.
  2. Il mortaio, così chiamato perché la sua forma assomigliava proprio a un mortaio da cucina, con un fusto cortissimo e una bocca larga, per effettuare lanci a bassa velocità e con un notevole alzo, ovvero con una grande angolazione verso l’alto, in modo che il proiettile scavalcasse le mura e, una volta raggiunto l’apice, ripiombasse quasi verticale sugli avversari. 

La nascita dell’artiglieria mise nelle mani dell’uomo armi devastanti nei risultati ma anche estremamente costose, che produssero conseguenze di portata enorme in ogni campo, primo fra tutti quello geopolitico, determinando una pericolosa gerarchia fra gli stati che potevano permettersi un forte reparto di artiglieria e quelli che non potevano fare altrettanto. 

Vi fornisco alcuni macroscopici esempi, dai quali potrete trarre le vostre riflessioni:

  1. Il 29 maggio 1453, i Turchi Ottomani, guidati dal sultano Maometto II conquistarono Costantinopoli, la cui cerchia muraria era considerata la più sicura e impenetrabile non solo d’Europa ma del mondo allora conosciuto, tanto da resistere per oltre dieci secoli a qualunque attacco da parete di qualsivoglia nemico. Come mai? Perché Maometto II fu in grado di acquistare il cannone chiamato Mostro di Urban, dal nome del suo costruttore, lungo 8 metri e pesante 48 tonnellate, che sparava proiettili di granito di 2.8 m di diametro, pesanti circa 1000 kg l’uno. Questi proiettili giganti riuscirono, per la prima volta in oltre mille anni di storia, ad aprire una breccia nelle mura della città, rendendone possibile la conquista. E pensare che Urban (un ingegnere ungherese, quindi europeo) aveva offerto la sua micidiale arma innanzi tutto a Costatino XI Paleologo, imperatore di Costantinopoli, il quale fu però costretto a rifiutare l’offerta perché, disse, non si trovava nelle condizioni economiche di affrontare i costi di un tale armamento. Decise invece di affrontarli l’imperatore ottomano, il quale, dopo secoli di vani attacchi, alla fine riuscì a distruggere l’Impero Romano d’Oriente e impossessarsi del suo territorio. 
  2. Nessuno dei numerosi stati nei quali l’Italia era divisa nei secoli XIV e XV, tutti piccoli o piccolissimi, fu in grado di equipaggiare il proprio esercito con un reparto di artiglieria capace di tenere testa agli stati stranieri più ricchi, quali la Francia e la Spagna, in modo da dissuadere entrambi dalla forte tentazione di fare a pezzi l’Italia e spartirsela fra di loro. Quando il re francese Carlo VIII scese in Italia nel settembre del 1494 con l’intento di rivendicare i propri diritti ereditari sul regno di Napoli, attraversò tutta la penisola senza che neppure uno degli stati italiani osasse opporsi, ciascuno consapevole che mai l’artiglieria di cui disponeva avrebbe potuto reggere l’assalto di quella francese, tanto da far dire a Machiavelli che Carlo di Valois conquistò l’Italia col gesso. La campagna militare di Carlo VIII rese evidente ai francesi e agli spagnoli quanto le fragili signorie italiane, che regnavano su stati piccoli o piccolissimi e dunque potevano contare su un gettito fiscale modestissimo, fossero del tutto inermi rispetto ai confinanti Stati nazionali, i quali potevano contare su introiti fiscali enormemente maggiori e quindi permettersi una artiglieria molto più adeguata alle necessità. Conseguenze? Entro la prima metà del ‘500, l’Italia venne completamente sottomessa: un pezzo ai Francesi, un pezzo agli Spagnoli.
  3. L’uso dell’artiglieria fece saltare i sistemi difensivi in uso da sempre, giacché ormai le mura, come aveva dimostrato la triste caduta di Costantinopoli, per quanto massicce fossero, potevano essere perforate con i cannoni e scavalcate con i mortai. Per fare un esempio, la immane quantità di danaro investita dagli Spagnoli tra il 1548 e il 1562 per cingere Milano di una più ampia e robusta cinta muraria, doveva rivelarsi un inutile dispendio di danaro pubblico, giacché, in breve tempo, esse si sarebbero rivelate del tutto superflue sotto il profilo difensivo, motivo per cui, nei secoli successivi, vennero modificate e declassate a “passeggiata cittadina”, per essere poi del tutto abbattute e distrutte dalla espansione della città.

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