Carla Maria Russo

Cronaca storia romanzo

LA CRONACA racconta un fatto, una circostanza, come accade, ad esempio, in un articolo di cronaca di un giornale. (es: il tal giorno, alla tal ora, nella tale località, un tizio ha commesso questo e quest’altro)

La STORIA racconta un fatto e lo analizza sotto molteplici aspetti, fra cui le cause che lo hanno determinato e le conseguenze che ne possono scaturire o che ne sono scaturite (es: la prima guerra mondiale: cause, andamento della guerra, conseguenze)

Entrambi dunque – sia la cronaca, sia la storia – si occupano di una realtà FATTUALE.

Entrambi sono LOGOS.

In cosa differisce il romanzo?

Il romanzo, attraverso la fantasia dell’autore, non può limitarsi a esporre ma deve drammatizzare, ovvero mettere in scena l’evento che vuole narrare. Deve trasformare dei semplici dati fattuali (es. il fatto di cronaca) in scene di vita, dialoghi, emozioni. L’autore, cioè, deve immaginare i moti del cuore dei protagonisti, interpretare i sentimenti che li hanno animati e descrivere i processi mentali che li hanno condotti a tenere certi comportamenti, a compiere determinate scelte e azioni.

Per questo il romanzo non può mai prescindere dalla immaginazione di chi scrive e dal suo mondo interiore.

L’autore non si limita a guardare e “riferire” la realtà (questo è ciò che fa la cronaca) ma  la rivive e la reinterpreta alla luce della sua fantasia e del suo mondo interiore.

Il romanzo non è Logos ma PATHOS, ovvero sentimenti.

Il romanzo parte dalla realtà ma la reinventa.

Il romanzo è l’invenzione della realtà. Un ossimoro, certo. Una contraddizione.

Per questo, nel romanzo c’è tutto di vero ( la realtà da cui si parte per narrare) e tutto di falso (la reinterpretazione di quella realtà, che è SOGGETTIVA, perché frutto della immaginazione, fantasia, mondo interiore di chi scrive)

E’ proprio questo passaggio dal Logos al Pathos che conferisce al romanzo – al vero romanzo – quel tratto di universalità che gli permette di scavalcare il tempo e di parlare all’uomo di ogni epoca, rendendo alcune opere eterne, a prescindere dal momento in cui sono state scritte (oggi o molti secoli fa), dal periodo storico in cui la vicenda è ambientata (presente, passato o futuro) e dal luogo fisico in cui i fatti si svolgono (il paese in cui si vive o terre lontane, sconosciute o immaginarie)

Per questo, mentre la memoria di un fatto di cronaca (o di avvenimenti e personaggi storici) è destinata a scomparire, ma se quel fatto di cronaca (o avvenimento o personaggio storico) è trattato dalla letteratura, essa può durare molto a lungo.

Per rimarcare questo concetto, ripropongo due esempi cui sono già ricorsa nel precedente articolo, proprio per evidenziare la capacità di alcune opere di scavalcare il tempo.

Omero – che ha scritto, lo ricordo, circa 30 secoli or sono) rende immortali i protagonisti di una delle migliaia di guerre combattute dall’umanità, il cui ricordo, altrimenti, si sarebbe cancellato nel volgere di poche generazioni, forse meno. Dante rende eterno Farinata degli Uberti, beffando i fiorentini guelfi che, della famiglia Uberti, volevano si perdesse persino la memoria del nome.

E cosa dire di Stendhal, che prende spunto da un oscuro e banale fatto di cronaca, destinato a essere dimenticato nel giro di una settimana (il cosiddetto affaire Berthet, ovvero l’uccisione per gelosia di una ricca signora del bel mondo parigino da parte del suo giovane amante) per trasformarlo ne Il Rosso e il Nero?

E’ il concetto espresso da Foscolo nei suoi Sepolcri: la letteratura è l’unico mezzo concesso all’uomo per superare la sua finitezza, per sfuggire alla morte e ottenere una forma di immortalità.

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